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La Libia

La sua storia

Antichità (VI secolo a.C. - V secolo d.C.) : la Libia si trova sotto la dominazione greca, successivamente quella romana e bizantina.

 

Medioevo: in seguito alla dominazione bizantina, la Libia viene gradualmente conquistata dagli arabi d'Egitto e poi dalle potenti dinastie berbere. 

 

Periodo ottomano: nella seconda metà del XVI secolo, la Libia è conquistata dall'Impero Ottomano e rimane sotto il suo dominio fino all'inizio del XX secolo. 

 

Prima guerra mondiale: mentre le grandi potenze europee, come Francia e Gran Bretagna, continuavano a sviluppare i loro imperi coloniali verso il Mediterraneo, l'Italia, che voleva anch'essa aumentare il suo potere e iniziare la sua espansione, decide di conquistare la Libia e dichiara guerra all'allora in declino Impero Ottomano presente sul territorio libico. Nel 1911 l'Italia riesce a controllare parte del territorio. 

 

Colonizzazione italiana (1911-1943)

 

Regno di Libia: nel 1951 viene proclamata l'indipendenza del paese. La Libia diventa un regno indipendente sotto il potere di Idris I, primo re di Libia. Nonostante questa proclamazione, il Paese rimane comunque diviso tra l'amministrazione britannica, che esercita ancora la sua autorità su Tripolitania e Cirenaica, e l'amministrazione francese, presente nel Territorio del Fezzan. Questi due Paesi, insieme all'Italia e agli Stati Uniti, in questo periodo storico mantengono o acquisiscono interessi economici sul territorio. 

Muammar Gheddafi al potere

Nel 1969, mentre il re Idris I è in Turchia, l'allora ventisettenne Muammar Gheddafi organizza a Tripoli un colpo di stato, che avrà successo senza spargimento di sangue, rimanendo al potere per più di quattro decenni. 

Nel giro di pochi mesi Gheddafi negozia l'evacuazione delle truppe britanniche e americane, l'espulsione di 12.000 italiani che lavoravano nel Paese, la nazionalizzazione delle proprietà allora italiane e prende il controllo delle compagnie petrolifere, creando successivamente delle istituzioni sul modello del partito unico.

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Agli albori degli anni Settanta, l'autoproclamato colonnello persegue una politica imperialista, sognando di regnare su una grande nazione pan-arabica che potesse affrontare le potenze occidentali che governano il mondo. Tenta dunque quindici volte di formare unioni con altri Paesi arabi o africani, manovre che restano senza successo.

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Se il periodo coloniale italiano e il regno di Idris I non hanno permesso lo sviluppo di uno Stato solido e federativo, avendo lasciato solo fragili strutture statali,

il governo di Gheddafi si propone di designare un nuovo schema politico: nel 1976, viene pubblicato il Libro Verde, ispirato al Piccolo libro rosso di Mao Zedong, in cui si teorizza lo “Stato delle masse” (Jamahiriya), un tipo di socialismo islamico che proclama come modello politico nazionale. Viene in seguito investito dei pieni poteri e riceve l’appellativo di “Leader della Rivoluzione”.

In questi anni, la rendita petrolifera gli permette inoltre di acquistare la fedeltà delle tribù, alimentando al contempo nel paese il clientelismo e la formazione di élite vicine al potere.

 

Nel 2011, in seguito alle rivolte popolari che si sono diffuse in alcuni paesi arabi, anche la popolazione libica, in particolare quella proveniente dalla regione di Bengasi, genera dei disordini violenti e rivoltosi in tutto il paese. Questi movimenti di protesta sono per altro sostenuti da alcune potenze occidentali, che aiutano gli insorti ad armarsi. Scoppia in tal modo una guerra civile: mentre le forze armate del dittatore organizzano una violenta repressione, la città di Bengasi, simbolo della rivolta contro il potere dominante, viene presa in stato d’assedio dai rivoltosi.

L'intervento della Nato

Nel febbraio 2011, Bengasi e altre città della Cirenaica sono in mano agli insorti armati, e i ribelli guadagnano terreno. La stragrande maggioranza del paese sfugge alle forze di Gheddafi, mentre la capitale vede scoppiare violenti scontri, ma rimane sotto il controllo delle forze del dittatore. Durante questa guerra civile, il tasso di vittime è stato molto ingente, con oltre 6.000 persone uccise, di cui 3.000 a Tripoli, secondo la Federazione Internazionale per i diritti umani. 

La rivolta arriva ad un punto tale da annunciare, il 26 febbraio 2011, attraverso l’ex ministro della Giustizia, la formazione di un governo provvisorio dissidente.

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Nel marzo 2011, Alain Juppé, ministro francese degli Affari Esteri, cerca di convincere il Consiglio di sicurezza dell'ONU ad approvare una risoluzione franco-britannico-libanese, che crei una no-fly zone e protegga la popolazione civile in caso di intervento militare del NATO a favore degli insorti. Questa risoluzione è approvata e adottata, ai sensi del capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite, dal Consiglio di Sicurezza (10 voti a favore, con 5 astensioni di Cina, Russia, Brasile, Germania e India).

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Il 19 marzo 2011, in conformità alla risoluzione 1973 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, la Francia stabilisce l'intervento militare aereo e navale, e il Regno Unito, gli Stati Uniti e l'Italia seguono l'esempio, con l’obiettivo di proteggere la popolazione civile vittima di una repressione a colpi di sangue. 

Fino all'autunno dello stesso anno, il conflitto continua e la NATO bombarda le forze del dittatore, mentre gli insorti svolgono le operazioni di terra. 

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Il 20 ottobre 2011, mentre cerca di fuggire da Sirte, la sua città natale in cui si era rifugiato, Gheddafi viene catturato da un gruppo di ribelli e ucciso. 

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