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Italia e Francia

La rivalità

Interessi e strategie divergenti

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Numerosi e di vario tipo sono gli interessi dietro i quali i due paesi si fronteggiano, ed altrettanto diversificate sono le strategie impiegate.

Da un lato, per quanto riguarda gli interessi economici, la produzione e l’esportazione di idrocarburi rappresenta il principale perno sul quale Francia e Italia si fronteggiano, la prima con la presenza di Total sul territorio e la seconda con la presenza di ENI.

Dall’altro, in materia di sicurezza, il principale interesse dell'Italia è il controllo dell'immigrazione clandestina dalle coste libiche. Laddove la vicinanza geografica dell'Italia alla Libia ne fa il Paese del mediterraneo più colpito dall’afflusso massiccio dei migranti provenienti dall'Africa, la Francia si trova ad affrontare una minaccia terroristica incalzante, nella quale i combattenti utilizzano spesso le rotte migratorie clandestine. L'esagono conduce quindi operazioni militari nella regione libica con un occhio di riguardo alla sicurezza dei propri territori, ed ha quindi un particolare interesse a stabilizzare il paese. 

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Italia

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L'Italia, il cui legame con la Libia è sempre stato storicamente significativo, già nel 2011 vede il potenziale pericolo nella destabilizzazione del regime dittatoriale di Gheddafi e comincia a temere il rischio di una recrudescenza dell'immigrazione clandestina all'interno dei suoi confini e verso l'Europa. Quest’argomento, per altro, viene all'epoca avanzato soprattutto dalla Lega Nord. 

Il crollo del regime, inoltre, è stato dannoso per le relazioni commerciali che l’Italia intratteneva con la Libia. Nel 2011, prima della caduta del dittatore, l'Europa importava l'80% del petrolio dai territori libici, di cui il 32% era destinato all'Italia, il principale cliente del Paese. Inoltre, gli italiani continuano a mantenere legami con la città costiera di Misrata e con le milizie dei Fratelli Musulmani che proteggono gli impianti petroliferi dell'ENI. 

Quando, dunque, alla fine delle operazioni militari contro Gheddafi, l'economia petrolifera libica crolla con un drastico calo della produzione, questo ha portato il gruppo italiano a fermare la produzione di petrolio in prima istanza. Questo calo della produzione si è rivelato favorevole all’insediamento del gruppo francese Total nella regione.

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In maniera coerente a questo processo, il governo italiano ha quindi preso posizione a favore del governo di unità nazionale formatosi nel 2016 e riconosciuto dalla comunità internazionale, incarnato da Faiez al-Serraj, che controlla l'ovest del Paese (dove si trovano Tripoli e Misrata), in cui la penisola concentra la maggior parte delle sue attività petrolifere. Infatti, la regione della Cirenaica (in Oriente) è tradizionalmente più resistente alla presenza italiana sul territorio, a causa del suo passato coloniale.

Una delle strategie applicate dall’Italia in questo frangente occidentale è quella di mettere in sicurezza il complesso petrolifero di Mellitah, cogestito dalla National Oil Corporation (la compagnia nazionale libica) e dall'ENI.

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Gran parte dei migranti che sbarcano sulle coste italiane, inoltre, provengono dalla Libia occidentale, che si trova a soli 300km dalle sue coste, e per questo, la Tripolitania è quindi considerata un'area strategica da controllare per l’Italia. Si stima che il 40% dei migranti che pervengono in Italia transita sulla costa libica. 

Dal 2016 al 2017, ad esempio, l’Italia registra l'arrivo di 182.877 migranti. In seguito alla firma di un controverso accordo con la Libia nel 2017, sostenuto anche dall’Unione Europea il numero scende a 42.700 tra il 2017 e il 2018.

L'accordo, prevede l'assistenza finanziaria e la formazione della guardia costiera libica per bloccare la partenza dei migranti. Viene inoltre rinnovato nel 2019 per una durata di altri 3 anni.

Molte critiche sono state mosse a questo accordo, in particolare dalle associazioni umanitarie. Queste denunciano infatti le condizioni di vita disumane che i migranti devono sopportare nei centri di detenzione illegali presenti sul suolo libico, detenzioni a loro volta arbitrarie e perpetrate dalle milizie armate e dai trafficanti di esseri umani. Inoltre, la politica migratoria europea era stata previamente fortemente criticata dall'Italia fin dall'inizio della crisi, in quanto si denunciava un grave squilibrio nella distribuzione dei richiedenti asilo, a danno dello stato italiano, nonché una manifesta mancanza di solidarietà da parte degli altri Stati europei.   

 

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Francia

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L'interesse francese per il caso libico, sebbene non così recente, si intensifica con l'arrivo al potere di Emmanuel Macron. Così, l'attuale Ministro degli Affari Esteri francese, Jean-Yves Le Drian, ha dichiarato a Le Monde nel 2017 che il caso libico sarà una delle priorità del mandato quinquennale in termini di politica estera.

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Dal 2014, quando il maresciallo Haftar riemerge nel paesaggio libico e si afferma come uno dei due protagonisti del conflitto civile, e stabilisce nella zona orientale del paese il suo alloggio, anche la Francia è costretta a far fronte a questo cambiamento. Se, inizialmente, l’esagono ha dovuto sostenere il governo di Al Serraj dell'Unione Nazionale, la realtà sul campo che si è profilata in seguito all’ascesa di Haftar è ben diversa. Nel luglio 2016, dopo la morte di 3 soldati francesi nei pressi di Bengasi, la Francia ha riconosciuto pubblicamente il suo sostegno al Maresciallo. Jean-Yves Le Drian sostiene inoltre di non poter escludere il Maresciallo da una soluzione diplomatica, tanto l’influenza di Haftar nel territorio libico è massiccia. Dal punto di vista francese, la risoluzione della crisi può solamente passare attraverso la mediazione tra Faiez-al-Serraj (Governo di Unità Nazionale) e il maresciallo Khalifa Haftar (Esercito Nazionale Libero).

Questa scelta pagherebbe per altro anche dal punto di vista geopolitico, poiché la mezzaluna petrolifera libica concentra l'85% delle riserve petrolifere del Paese e il 70% delle riserve di gas nella regione della Cirenaica, e cinque dei sei terminal petroliferi del territorio si trovano nella stessa regione. Nel 2018, Total ha annunciato l'acquisizione di Marathon Oil Libya Limited, che a sua volta possiede azioni delle concessioni Waha in Libia.

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Ugualmente, dal punto di vista militare, la Francia ha molto da guadagnare posizionandosi in questa regione: il sud-est del Paese ha infatti due frontiere cruciali con il Ciad e il Niger, dove le forze armate francesi sono dispiegate attraverso l'operazione Barkhane, che mira a mettere in sicurezza la zona. L'attuale ministro degli Esteri francese, ex Ministro della Difesa, dichiara già nel 2014: "Ricordiamoci di ciò che abbiamo intrapreso e realizzato collettivamente in Mali: un'operazione militare su larga scala per liberare questo Paese dalla minaccia jihadista e un processo politico democratico. Il deterioramento della situazione della sicurezza in Libia potrebbe compromettere questo risultato. Il sud della Libia è una sorta di hub dove i gruppi terroristici vengono per ottenere rifornimenti, comprese le armi, e per riorganizzarsi. La Libia è la porta d'accesso all'Europa e al Sahara".

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La Francia difatti stima che circa 300 uomini facenti parte di gruppi terroristici che si dichiarano salafiti jihadisti siano presenti nel sud della Libia e che si celino dietro al traffico illegale di armi verso il Mali e il Niger. 

Anche la minaccia terroristica interna è una realtà estremamente tangibile in Francia: a partire dall'inizio di questo decennio, più di 260 cittadini francesi sono morti sul suolo nazionale e altri 1.000 sono stati feriti, mentre fuori dai confini, circa 30 soldati sono morti e più di 200 sono stati feriti nel corso della lotta ai gruppi terroristici in questione. 

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È per questo che l'esagono vedrebbe allora nella persona di Haftar un alleato locale che potrebbe aiutare il paese a mantenere la giusta stabilità dal punto di vista del terrorismo. Il maresciallo fornirebbe non solo un supporto militare, come si è visto negli ultimi anni attraverso il dispiegamento di consiglieri strategici e forze speciali ad est, ma anche un supporto diplomatico. A tal fine, la Francia ha impedito qualsiasi forma di condanna europea circa l’assalto a Tripoli avvenuto nell’ 2019 e promosso dal capitano Haftar.

La Francia, in questo conflitto, si sta dimostrando molto dinamica, con l’obiettivo di essere indicata come detentrice della soluzione della crisi libica, posizionandosi come interlocutrice e mediatrice privilegiata. Lo stato francese è riuscito quindi a far accettare il maresciallo Haftar dalla comunità europea come “interlocutore chiave”, e persino dall’Italia che sostiene ufficialmente da sempre Faiez al-Serraj.

È con il vertice di Celle-Saint-Cloud del 2017, indetto su iniziativa francese, che la legittimità di Haftar viene rafforzata all’interno della Libia, debilitando quella di Sarraj, e che le relazioni franco-italiane sulla questione vengono messe a dura prova.

Il vertice viene percepito all'epoca come un'esclusione volontaria dello Stato italiano, che non è stato né invitato né consultato.

I rapporti tra Roma e Parigi sono oggi più tranquilli, e anche l'ex ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi ha deciso di incontrare Haftar nel 2018, riferendo di aver avuto una conversazione “lunga e amichevole” in un clima di "forte fiducia" a favore di una Libia "unita e stabile". 

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Questa rivalità tra Francia e Italia sta tuttavia alimentando sul terreno libico l'antagonismo tra le città di Bengasi e Tripoli, che sognano entrambe di essere la capitale di una Libia unificata. 

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Questa rivalità tra Francia e Italia sta tuttavia alimentando sul terreno libico l'antagonismo tra le città di Bengasi e Tripoli, che sognano entrambe di essere la capitale di una Libia unificata. 

D’altronde, questa rivalità è in parte il risultato di due diverse visioni per l'unificazione diplomatica del Paese: laddove Roma sostiene la riconciliazione nazionale prima dello svolgimento delle elezioni, Parigi ritiene invece che la soluzione arriverà primariamente attraverso le urne. 

Anche l'ex ministra della Difesa Elisabetta Trenta ha dichiarato nel 2018 durante una visita a Tripoli:

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“Il processo di riconciliazione in Libia ritengo debba essere inclusivo. Per questo ritengo che parlare di nuove elezioni prima di non aver completato questo processo sia un errore. Dopo ci ritroveremmo ad avere gli stessi problemi, noi come Italia voi come Libia. E questo bisogna farlo capire anche ad altri Paesi.” 

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Nel settembre 2018, la ministra ha scritto sui suoi social network:

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«Certo, è innegabile che oggi il paese si trova in questa situazione perché qualcuno, nel 2011, ha anteposto i suoi interessi a quelli dei libici e dell’Europa stessa. Ma ora bisogna remare tutti insieme per il bene e la pace del popolo libico.” 

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Qui, Trenta esprime chiaramente la sua opposizione alla strategia francese, che l’Italia ha considerato frettolosa, e sottolinea la responsabilità della Francia per il deterioramento della situazione libica.

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Una fretta confermata dalla stessa Francia: un ex consigliere del Ministero della Difesa francese ammette:

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"L'operazione Barkhane ci costa assai caro. L'unico modo per porre fine a questa operazione è quello di riuscire a stabilizzare la Libia. E per questo l'esecutivo ha scelto Haftar".

 

Dal lato europeo, se gli Stati membri da una parte sostengono e condividono pubblicamente la visione di una Libia pacifica e unificata, e della riconciliazione tra i diversi governi, dall’altra si stanno formando leggere affinità e alcuni Paesi si stanno schierando con la Francia pro-Haftar: la Grecia e Cipro, ad esempio, vedrebbero in questo sostegno un modo per bloccare la minaccia turca. La Germania, d’altro canto, sarebbe più favorevole alla strategia dell'Italia di mantenere la cordialità nei rapporti con la Turchia sui temi delle ZEE marittime e della Libia in generale. 

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